EXPO 2015, rivisitato.

Chi osserva con attenzione le opere di Marco Neri si rende conto che non si tratta di semplice fotografia ma di qualcosa di più complesso ed articolato. Siamo di fronte ad un grande esercizio di cultura e tecnica. Ritengo che non avremmo avuto la possibilità di ammirare le sue foto se David Brewster (1781-1868) nel 1815 non avesse inventato il caleidoscopio strumento magico e misterioso che, come si sa, ha la capacità di rendere bello (kalos) qualsiasi oggetto grazie alla rifrazione della luce ed alla composizione delle immagini in forme simmetriche. Invece, come ispirazione culturale possiamo citare Moebius (1938-2012)   che per il film “Il Quinto Elemento“ (1997) creò una città futura dall’architettura angosciante e misteriosa. E anche più recentemente Stan Lee e Stephane Ceretti che nel film “DR. Strange” (2016) hanno creato gli effetti ottici di una città i cui palazzi, per magia, cambiano di prospettiva ottica intersecandosi con le strade ed assumendo una dimensione allucinante. Per ritornare al concreto sappiamo che ogni opera intellettuale ha una specifica origine e ispirazione. L’autore sembra di essere stato colpito da una particolare forma, si direbbe anomala, di sindrome di Stendhal (1783-1842) dopo aver visitato senza particolare soddisfazione Expo 2015. Ora ad anni di distanza   sono state utilizzate le foto fatte nell’area della mostra   per creare una diversa ed immaginifica Expo dando vita ad una onirica visione prospettica dei padiglioni e delle strutture, mai visitate ma viste e fotografate solo dall’esterno. Ecco che l’immagine allo specchio, rifratta più volte di un padiglione sembra essere stata trasformata da un caleidoscopio. I risultati sono straordinari e molteplici. Innanzitutto, l’immediata e temporanea incomprensibilità del soggetto, poi lo stupore per la creatività implicita ed infine la possibilità non semplice di identificare l’origine della foto. Infatti   molti visitatori hanno sostato diverse ore in Expo ma senza rendersi conto della bellezza o meno delle strutture perché erano soprattutto desiderosi di visitarne l’interno. Infine, un’ultima osservazione. Tutti i fotografi dilettanti o professionali sono stati inclini ad ingigantire l’infinitamente piccolo. Chi non è stato affascinato dalla macrofotografia? Chi non ha fotografato un centimetro quadrato di sabbia e lo ha fatto diventare un deserto con le dune? Marco Neri ha fatto il contrario. Ha fotografato grandi strutture ma le ha ricomposte simmetricamente con sé stesse soffermandosi sulla trasfigurazione ottica e prescindendo dalle dimensioni reali. Le sue foto, di primo acchito, appaiono a volte come un ricamo, a volte come un ornamento tipografico o un ritaglio di carta o un oggetto misterioso. In altre parole, siamo di fronte ad un grande e riuscito esercizio di realtà virtuale e parallela. Queste immagini sono esempi di fotografia caleidoscopica. Spesso gli studiosi di estetica si sono cimentati nel definire quale sia la bellezza e soprattutto quale sia il motivo per cui una cosa, una persona viene definita “bella”. Alcuni, forse correttamente, hanno identificato il criterio della bellezza nella simmetria. Non si può negare che nello specifico, la simmetria sia il principale contenuto delle opere di Marco Neri.

Alberto Pempinelli

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